Regolamento Aziendale: come redigerlo e quando
di Elisa Tamburini, Consulente del Lavoro presso Studio Valentini, Faenza (Ra)
Per realizzare concretamente un piano di welfare aziendale lo strumento più semplice e veloce è la predisposizione di un regolamento aziendale. Cercheremo in questo articolo di far luce sugli aspetti fondamentali per redigerlo.
Negli ultimi anni, con la Legge di Bilancio per il 2016 (L.208/2015), i successivi interventi normativi e le circolari ministeriali e dell’Agenzia delle Entrate, si è assistito ad una rapida crescita del welfare aziendale unitamente al progressivo spostamento di risorse dal Welfare pubblico a quello privato.
Nelle piccole e medie imprese attuali, infatti, spesso è comune la volontà del datore di lavoro di voler introdurre un progressivo aumento del benessere in azienda, una maggiore fidelizzazione, coinvolgimento, stimolo e soddisfacimento nei propri dipendenti tramite l’erogazione di beni e servizi mirati, senza dimenticare la possibilità di creare un’immagine aziendale che venga rivalutata e attualizzata in questo periodo di continui mutamenti sociali, tecnologici e del mondo del lavoro.
Il welfare aziendale è sicuramente una risposta interessante a queste esigenze in quanto, nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 51 comma 2 del TUIR, permette, il non assoggettamento contributivo, la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente degli interventi offerti, e la possibilità per l’azienda di dedurre integralmente i costi sostenuti per l’erogazione di tali servizi.
Il regolamento aziendale, in linea generale, è lo strumento a disposizione del datore di lavoro per delineare in maniera nitida un insieme di regole e di dinamiche organizzative e comportamentali che caratterizzano gli aspetti specifici dell’attività e dell’ambiente di lavoro.
In questo caso, per essere efficace, il regolamento che introduce un piano di welfare aziendale, deve prevedere un paniere di opere e servizi di un determinato valore economico offerti alla generalità dei dipendenti o a determinate categorie omogenee di essi e loro familiari, per le finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, (cioè oneri di utilità sociale) e deve essere vincolante per tutta la durata del piano welfare (di almeno 2 anni). Andranno determinate anche le regole e le tempistiche per la fruizione, le categorie di beneficiari e ogni ulteriore aspetto risulti necessario tenendo presente che l’individuazione della categoria non può essere tanto stretta da creare discriminazione o realizzare in sostanza una erogazione ad personam in esenzione totale o parziale da contributi e imposte.
Il regolamento aziendale deve quindi configurare un obbligo negoziale in cui il datore di lavoro è vincolato a riconoscere un determinato diritto a favore dei dipendenti anche se predisposto unilateralmente e non può essere “revocabile” o modificabile autonomamente in pejus per il periodo di vigenza. In caso contrario l’atto sarebbe qualificabile come volontario e quindi verrebbe limitata la deducibilità al solo 5 per mille delle spese sostenute. E’ condivisibile pertanto ritenere che, se nella redazione del regolamento aziendale viene prestata l’attenzione necessaria, ci si trovi davanti un ottimo strumento per migliorare la qualità della vita personale e familiare dei propri dipendenti alla luce del ruolo sempre più rilevante ricoperto dal welfare aziendale.
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